LA RELAZIONE MADRE – FIGLIA

La figura materna è, per ogni figlia, un modello, un punto di riferimento, il tramite per entrare in relazione col mondo.
Il rapporto fra una madre e la propria figlia è indissolubile; è un rapporto complesso, ricco di sfumature, di significati, di emozioni ma anche di criticità. Parliamo di una relazione che, pur affondando le proprie radici nell’archetipo della grande madre amorevole e onnipotente (la grande madre archetipica è tutto ciò che è benevolo, protettivo, tollerante; ciò che favorisce la crescita, la fecondità, la nutrizione), è caratterizzata anche da rivalità, conflitti, incomprensioni, amore e odio.


L’INFANZIA :
dal punto di vista ontogenetico la relazione madre-figlia parte da una condizione di fusione, passa attraverso l’identificazione (che garantisce il radicamento del senso di identità nella figlia femmina) e arriva all’individuazione. L’identificazione è quel processo che porta all’ interiorizzazione di un modello; sta alla base della costruzione dell’identità personale. Si tratta di un processo prevalentemente non consapevole che, nella sua forma primaria, è finalizzato alla capacità di distinguere la propria identità da quella degli altri (distinzione Io – Tu). Questo tipo di identificazione caratterizza, appunto, la prima infanzia e, come si diceva, prevalentemente la relazione con la madre. Per una bambina proprio a causa dell’ identificazione, percorrere la strada verso l’ individuazione risulta essere più difficile: il distacco dal primo oggetto d’amore, che è la madre, e la costruzione dell’identità, ne possono risultare ostacolate.
Com’è in questa fase una “buona” madre?
Donald Winnicott ha definito le caratteristiche di una madre sana. L’autore si riferisce alla madre “sufficientemente buona” come ad una “madre normalmente devota”, ovvero di una madre capace di:
- “preoccupazione materna primaria” cioè capace di alimentare nel neonato l’illusione di essere onnipotente e un tutt’uno con lei. Questo può avvenire grazie ad una totale dedizione;
- “holding” cioè capace di fungere da contenitore delle angosce del bambino, intervenendo per soddisfare i suoi bisogni emotivi e riuscendo a mettersi da parte, nel momento in cui il bambino non ha bisogno di lei;
- “adattarsi alle necessità del bambino che cresce” cioè capace di portare il bambino a tollerare la frustrazione, che compare quando viene meno la totale corresponsione materna ai suoi bisogni emotivi.
Quando però viene a mancare questo “tipo” di madre, questo calore, possono esserci delle ripercussioni sulle figlie. Non solo, esistono “tipologie di madri” che, a causa dei loro tratti disfunzionali, ostacolano una crescita sana. Quali sono?
- la madre sacrificale: rinuncia a tutto (femminilità compresa) per il “bene” della figlia ma in buona sostanza le impedisce di crescere, perché se perde il ruolo di madre deve confrontarsi con il suo fagocitante senso di vuoto; il progressivo annullamento di sé stessa in funzione dei bisogni dei figli può portare nel tempo a stati d’ansia e a depressione;
- la madre adolescente: è una madre immatura, molto concentrata su di sé, che non può vedere crescere la figlia perché la percepisce come una rivale;
- la madre opprimente : è la madre perennemente in ansia e ansiogena che ostacola la crescita mostrandosi fragile (malori, drammi, ecc…) e dipingendo scenari apocalittici;
- la madre depressa: è la madre dominante e invadente che esprime il suo potere nel modo più prepotente: il rifiuto della separazione. Tutto ciò che può “minacciare” il rapporto madre-figlia viene sistematicamente attaccato (usando soprattutto il senso di colpa).
LA PRE-ADOLESCENZA:
nel rapporto madre-figlia i conflitti e le incomprensioni tendono ad acuirsi soprattutto quando, con l’ affacciarsi dell’adolescenza, la figlia gradualmente si stacca dalla propria madre. La fanciulla-preadolescente comincia ad allentare i legami tipici della fanciullezza, utilissimi fino a quel momento, ma pericolosi da questo punto in avanti. Il legame materno deve allentarsi per far posto alle relazioni con le altre figure femminili (le coetanee, le insegnanti, le zie, le amiche della madre, ecc…) utili per favorire lo sviluppo di modelli diversificati, necessari per arricchire il quadro della femminilità della ragazza e per sviluppare un’ autonomia più completa e più libera.

L’ ADOLESCENZA:
la madre, in questa fase, rappresenta il pericolo più significativo in quanto ostacolo al “diventare grandi”. Gli adolescenti sentono, a causa della maggiore dipendenza affettiva dalla madre, che la relazione con lei è un grosso freno al raggiungimento dell’autonomia. La madre, infatti, riveste un ruolo ambivalente poiché, se da un lato, garantisce la sicurezza, dall’altro rende dipendenti; non consapevolmente tiene legati i figli al passato; con la sua onnipotenza invischia, frena l’ autodeterminazione e pone l’adolescente nella necessità di svincolarsi dal legame con lei per poter affermare la propria individualità. Se questo è valido per tutti i figli, per le femmine, a causa dell’identità di genere che fa essere la relazione maggiormente intima, ancora di più. L’adolescente femmina avverte che la madre rappresenta un pericolo per la conquista del bene più prezioso: la propria femminilità. Accade allora che l’ostracismo e le aggressioni verbali siano all’ordine del giorno e che, per questo, le madri si lamentino e si rattristino, compiendo di fatto un errore di valutazione: questi atteggiamenti infatti spesso sono segnali di ‘trasformazione’ che, oltre ad essere inevitabili, sono un segno di crescita, di maturazione, di evoluzione, di distacco e di affrancamento, cioè di un processo a cui ogni madre dovrebbe aspirare (compito che vede il fallimento di tante madri).

Le madri dovrebbero favorire questa separazione, prima di tutto realizzando sé stesse, poiché una donna soddisfatta è una madre migliore, e poi usando il conflitto come strumento di distacco, molte tuttavia temono fortemente questo scenario (autorealizzazione, separazione, conflitto) a causa di problematiche personali irrisolte (vedi “tipologie di madri”). Una figlia che obbedisce, che non contesta, che aderisce pedissequamente all’unico modello femminile proposto, rappresenta forse un ‘guaio’ in meno per genitori, non causando aperti contrasti, ma dimostra di agire una “tranquillità” preoccupante, manifestazione di un attaccamento “artificiale” in grado di distorcere il “normale” processo di crescita. Oggi molto più che in passato, i cambiamenti socio-culturali hanno alterato ciò che è “naturale” nel rapporto madre – figlia adolescente. Basti pensare, per esempio, a quelle mamme che si vestono e si atteggiano come le figlie adolescenti e che impediscono loro, di fatto, il distacco (vedi “madri adolescenti”). Parliamo di mamme che giocano ruoli caratterizzati da egocentrismo e narcisismo, che fanno sempre più le amiche, che vivono e pensano come le figlie. Queste madri usano la carta della somiglianza: vogliono cioè fermare il tempo, rifiutano di invecchiare, amano, nei casi più estremi, essere scambiate per le sorelle delle figlie, tuttavia non fanno altro che ostacolarne lo sviluppo poiché favoriscono il processo identificativo a discapito dell’ autonomia.
Se si lascia alla propria bambina il tempo di crescere e diventare una donna, rispettando la tappa della separazione/individuazione, aumentano le possibilità di una riconciliazione futura. Una volta che la figlia avrà consolidato la propria individualità, le sarà più facile riavvicinarsi alla madre. Ovviamente la ricetta, quando parliamo di relazioni (e di tutto ciò che c’è di umano), non esiste. Tuttavia è possibile fare del proprio meglio per accompagnare le figlie lungo il percorso di crescita, aiutandole a diventare quello che realmente sono, e non quello che si vorrebbe che fossero. Forse potrà essere complicato, perché difficile è interrompere il circolo vizioso che si tramanda da madre in figlia, ma di certo è possibile, magari, se occorre, anche rivolgendosi a professionisti della relazione di aiuto.
Questa pagina di approfondimento è diventata un articolo pubblicato sulla “Gazzetta di Parma”.



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Da oltre 10 anni ascolto ed aiuto le persone, concretamente, ad uscire dalle situazioni difficili, a fronteggiare le sfide esistenziali e a riprogettare il futuro. In condizioni di incertezza posso aiutarti a superare le tue difficoltà, accompagnandoti verso una consapevolezza rinnovata delle relazioni che vivi, dei bisogni tuoi e degli altri, e del modo che hai di gestire i rapporti interpersonali. Posso aiutarti a ritrovare la serenità e il benessere tuoi, e della tua famiglia. Oltre al servizio di CONSULENZA ON-LINE E VIDEO-CONSULENZA ON-LINE ricevo nel mio studio in provincia di Parma per COLLOQUI IN PRESENZA
Dott.ssa Silvia Darecchio – contatti
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