Quando si tradisce, quando si è traditi.

Il tradimento è un evento forte e traumatico che si abbatte pesantemente sulla coppia, compromettendone gli equilibri e la stabilità; tradire il partner significa distruggere il “noi” , paradigma della relazione.

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L’etimologia della parola “tradire” è latina, deriva da “tradĕre” che significa “consegnare (ai nemici). In origine, infatti, il tradimento era un “fatto militare”. Successivamente il termine si è esteso anche ad altri ambiti, fino ad assumere il senso odierno. Ha conservato tuttavia connotati fortemente negativi e dispregiativi: “tradire” significa, infatti, “mancare di fedeltà”, “abbandonare (il vecchio) per consegnarsi (al nuovo)”.


Le fasi dell’amore e il tradimento

Il rapporto di coppia è caratterizzato, a meno di accordi differenti tra le parti, da esclusività (sessuale e sentimentale) e da un certo grado di dipendenza. I partner,  cioè, stipulano tacitamente un contratto basato sulla fiducia e sulla fedeltà; una sorta di patto segreto che implica il soddisfacimento dei bisogni e delle aspettative di entrambi.

  • All’inizio di una relazione sentimentale, quando si è sopraffatti dall’ innamoramento, è raro tradire. L’innamoramento rappresenta, infatti, la fase in cui si attivano le nostre proiezioni sul partner: si trasferiscono sull’altro i nostri ideali e le nostre caratteristiche. Per questo il partner ci appare tanto unico e speciale ed essere infedeli, a quest’essere che incarna così perfettamente i nostri ideali, è un qualcosa che neppure ci sfiora. Tuttavia accade spesso che i desideri e le fantasie nascenti nell’innamoramento si trasformino in una prigione psichica per colui/colei che viene desiderato e “fantasticato”, e in una cocente delusione per colui/colei che ha fortemente idealizzato l’altro/a.
  • Quando si passa alla fase dell’amore adulto e maturo  l’altro viene visto per quello che è, con tutti i suoi difetti e le sue debolezze; crollano le proiezioni, le fantasie e la realtà dell’altro prende corpo. I bisogni e le aspettative disattesi, per alcuni individui, annullano il vincolo; pensare, cioè, che l’altro/a abbia fallito totalmente, nel renderli felici, significa la rottura del patto e la fine del progetto di vita insieme. In questa fase è elevatissima la probabilità di tradire, soprattutto in chi non sa affrontare la delusione della realtà, in chi ha troppo idealizzato il partner e non riesce a sostenere la maturità della costruzione di una coppia, meno idilliaca, ma più stabile, duratura ed appagante.

Le fasi della vita e il tradimento

  • ADOLESCENZA: nell’adolescenza il tradimento rappresenta il tentativo del soggetto
    di affermare la propria libertà, il proprio spazio di vita, i propri confini psicologici. L’adolescente manifesta con il tradimento del partner, inconsapevolmente, il rifiuto della dipendenza dai genitori. L’adolescenza, cioè, oltre ad essere una fase di sperimentazione sessuale, esprime, attraverso il tradimento, la volontà di affermare autonomia, a discapito di un’ unione che richiama quella simbiotica con i genitori. Attraverso l’infedeltà, inoltre, l’adolescente ricerca la conferma, narcisistica, del proprio valore e del proprio fascino, di cui ha disperato bisogno, in una fase delicata di costruzione dell’identità.

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  • “PRIMA” MATURITA’: per il giovane adulto (o comunque per il “giovane matrimonio”), che sta costruendo un nuovo nucleo familiare assumendosi impegni di convivenza e di costruzione di un progetto di coppia stabile, il tradimento esprime il bisogno interiore di rifuggire dagli impegni e dalle responsabilità che le decisioni assunte, comportano.
  • PIENA MATURITA‘: dopo anni di matrimonio, il tradimento rappresenta una gratificazione, narcisistica, nel confermare a se stessi il proprio fascino, nonostante l’età. L’uomo maturo tende a cercare avventure con donne più giovani per dimostrare a se stesso di essere ancora piacente e per poter vivere una seconda giovinezza. Similmente, per la donna matura il tradimento risponde al bisogno di veder confermata la propria femminilità, trasformata dai cambiamenti biologici ed ormonali.

Bisogni psicologici e tradimento.

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Le cause del tradimento sono sempre soggettive e specifiche, tuttavia, possono essere riconosciute delle macro-categorie di bisogni psicologici, generici e trans-generazionali, che portano i partner a scegliere il tradimento:

  • il BISOGNO DI CONFERMA: i soggetti, caratterizzati da un profilo psicologico insicuro e immaturo, tradiscono perché necessitano di costanti rassicurazioni e di  prove da superare. Vogliono cioè dimostrare a loro stessi di essere indiscutibilmente desiderabili e seducenti.
  • il BISOGNO DI PROVARE FORTI EMOZIONI SESSUALI: il bisogno di provare forti emozioni sessuali rispetto alla qualità dei rapporti sessuali vissuti con un partner di lunga data, magari poco soddisfacenti.
  • il BISOGNO DI INDIPENDENZA: l’infedeltà può rappresentare una difesa contro la paura di fusione che l’intimità di coppia evoca, oppure esprimere il rigetto della sensazione di essere dipendenti dal proprio partner.
  • il BISOGNO DI “DENUNCIARE” L’ INSUFFICIENZA DELLA RELAZIONE DI COPPIA, MANTENENDO UNA FACCIATA SOCIALE: il tradimento, spesso, è lo strumento attraverso cui si esternano all’altro tutti i problemi e le incomprensioni che sono rimasti celati, per non sconvolgere l’armonia della famiglia, nel tentativo disperato ed inconcludente di mantenere un’apparente facciata sociale. In questo caso l’infedele, che ha tenuto per sè i malcontenti rispetto alla relazione, non è stato in grado o non ha voluto instaurare un dialogo autentifico, atto risolvere le difficoltà di coppia.
  • il BISOGNO DI RIEMPIRE UN VUOTO ESISTENZIALE: alcune persone vivono il tradimento come un antidepressivo: una sorta di compensazione, funzionale a colmare dei vuoti profondi dettati dalla solitudine o da una perenne insoddisfazione interiore.
  • il BISOGNO DI CRESCITA: il tradimento può rappresentare anche una tappa del  percorso di maturazione e di evoluzione personale che può interessare  solo uno dei due partner. Se un membro della coppia ha affrontato un’esperienza prepotentemente trasformativa può accadere che anche lo schema di sé  sia cambiato e che siano emersi nuove priorità e nuovi bisogni che l’altro/a non è più in grado di soddisfare.
  • il BISOGNO DI TENERE SEPARATE LA SFERA AFFETTIVA DA QUELLA SESSUALE: esistono “traditori seriali”, individui per i quali essere infedeli rappresenta una costante. Spesso questi soggetti attuano una scissione tra sessualità e affettività, che diventano due dimensioni inconciliabili nella stessa relazione. Questo accade spesso negli uomini sposati che frequentano prostitute.

Vissuti psicologici del “tradito” e del “traditore”

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Certamente lo stato psicologico e i sentimenti provati dal partner infedele e da quello tradito sono molto diversi fra loroIl soggetto tradito, inizialmente, è fortemente sconvolto: il tradimento infatti rade al suolo le certezze e fa si che l’insicurezza e il senso di devastazione prevalgano. Può accadere anche che nella mente della persona tradita si creino pensieri ossessivi ed intrusivi circa il tradimento, morbosità rispetto ai dettagli dell’ “altra relazione”, urgenze di vario tipo. La ferita che lascia il tradimento è difficile che si rimargini completamente poichè resta, oltre alla  delusione, la consapevolezza che la fiducia sia stata compromessa. Permane la sensazione che nulla potrà essere come prima.  Se , tuttavia, sono presenti volontà e desiderio di continuare in entrambi, è possibile recuperare una “relazione tradita”. “Il tradito”, infatti, con il tempo e con un adeguato supporto, può trovare nel perdono dell’altro, quell’amore che aiuterà anche l’ “ex traditore”, a recuperare lo slancio per la continuazione del rapporto. Il “traditore”, che in un primo momento vive fortissimi sentimenti di colpa, da parte sua, grazie ad percorso di sostegno psicologico e forte di nuove consapevolezze, può trovare più di un motivo per riconquistare il  compagno/a e per ricominciare, da zero, a costruire la relazione.


In conclusione

L’ individuo, nella società del consumismo sessuale e sentimentale, è sempre più incline a salvaguardare i propri interessi personali rispetto a quelli della coppia. Se, nella relazione, qualche bisogno non viene corrisposto, pare che ognuno abbia il diritto di cercarne il soddisfacimento, in modo immediato e completo, con un altro partner, senza troppi pentimenti. Il sacrificio e l’impegno necessari per  la  realizzazione del progetto di coppia; la volontà di preservare il legame in crisi, attraverso il dialogo ed il compromesso, rappresentano aspetti di poco valore se rapportati all’ individualismo imperante, che oggi  tutto può. A seguito di un tradimento, tuttavia, non tutto è perduto, allorché ci sia l’intenzione di entrambi di proseguire e di valorizzare il rapporto, è possibile, non solo recuperare la relazione ma anche darle un senso nuovo.

Intraprendere un percorso psicologico di coppia (o individuale per entrambi) significa:

  • mettersi in gioco;
  • impegnarsi concretamente per dare alla relazione una chance, soprattutto se sono coinvolti dei bambini;
  • dare priorità al rapporto;
  • investire energie nella relazione;
  • acquisire delle competenze relazionali (atte a realizzare una comunicazione sincera,  costruttiva, in grado di esprimere in modo assertivo bisogni e insoddisfazioni);
  • imparare ad essere sinceri ed autentici con il partner;
  • imparare a realizzare un dialogo di coppia costante ed efficace (che consenta di ripartire insieme cresciuti, per vivere una nuova relazione, finalmente solida e soddisfacente).

 

Come psicologa, oltre al servizio di consulenza online, ricevo in studio a San Polo di Torrile (Parma). Da oltre 10 anni ascolto ed aiuto le persone, concretamente, ad uscire dalle situazioni difficili, a fronteggiare le sfide esistenziali e a riprogettare il futuro.

In condizioni di stallo motivazionale e sofferenza psicologica posso aiutarti a superare le tue difficoltà, accompagnandoti verso una consapevolezza rinnovata di te, dei tuoi bisogni, delle tue priorità e del tuo modo di “funzionare”. Posso aiutarti a ritrovare la serenità e  il benessere.

Dott.ssa Silvia Darecchio – contatti

 

Amare troppo

Qualità o quantità: quando è “troppo”?

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 L’idea per cui il vero amore non vuole nulla in cambio è un’invenzione dei sottomessi: se dai, vuoi ricevere. È naturale, è la reciprocità.”           – W. Riso –                                            

Secondo la psicologa americana Robin Norwood, specializzata in terapia della famiglia e autrice del bestseller Donne che amano troppo, uno dei testi più letti sulla “psicopatologia dell’amore”, si ama troppo quando:

  • “amare vuol dire soffrire”;
  • si parla del* partner, dei suoi problemi, di quello che pensa e non pensa, dei suoi sentimenti nella maggior parte delle conversazioni con persone intime;
  • i malumori, il cattivo carattere, l’ indifferenza del* partner vengono giustificati o considerati conseguenze di un’infanzia infelice (o altro) e ci si trasforma nel* terapeuta dell’altro*;
  • il carattere, il modo di pensare e il comportamento del* partner non piacciono, ma ci si adatta pensando che, se saremo abbastanza attraenti e affettuosi*, lui*  cambierà per amore nostro ;
  • la relazione con il* partner mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, la nostra sicurezza e forse la nostra salute.

* si fa riferimento sia ad partner maschio che femmina

“Amare” diventa “amare  troppo” quando abbiamo un partner incompatibile con i nostri sentimenti, che non si cura di noi, o non è disponibile, eppure non riusciamo a lasciarlo: in realtà lo desideriamo, ne abbiamo bisogno sempre di  più.                                                                         – R. Norwood – 

Secondo l’autrice, che raccontava di donne co-dipendenti, in realtà  non è l’amore a motivare queste relazioni, quanto piuttosto la paura: paura dell’abbandono; paura della solitudine; paura di non essere degne d’amore; paura di essere ignorate; paura di non sapersi arrangiare da sole; paura che una vita “normale”, con un partner equilibrato, non sia abbastanza emozionante e passionale;  paura che se lui non ci ama la colpa sia nostra. 

Amare troppo è calpestare, annullare se stesse  per  dedicarsi  completamente a cambiare un uomo “sbagliato” per noi che ci ossessiona, naturalmente  senza riuscirci.                                                                                                           – R. Norwood –

E’ bene sottolineare come questi comportamenti possano appartenere sia agli uomini che alle donne. Tuttavia sembra che uomini e donne mostrino delle differenze (a causa dei valori culturali, dell’educazione ricevuta, dell’ambiente familiare) nel percepire e nell’ affrontare le relazioni. Nella nostra cultura il fatto che una donna si sacrifichi per una relazione, sino ad annullarsi, è stato accettato per secoli fino a pochi decenni fa. La nostra cultura insegna che le donne, per amore, devono essere disposte a fare di tutto. Ecco perché questa dinamica patologica (relazioni sentimentali ossessionate ed ossessionanti, caratterizzate da dipendenza e da ruoli “fissi” e disfunzionali) riguarda il genere femminile più spesso di quello maschile. I maschi più facilmente sviluppano altri tipi di dipendenza, che secondo la cultura sono più consoni al loro sesso: magari diventano “drogati” di lavoro o di Internet, o passano le giornate a guardare lo sport. Adottano queste strategie estranianti per non dover affrontare malessere e problemi, che potrebbero suscitare sentimenti di vergogna o di colpa, difficili da sostenere. Ci sono ovviamente le eccezioni, è probabile, infatti,  che più di qualche uomo si riconosca nel ritratto di chi è ossessionato dall’amore.

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Norwood, nel suo libro, individua le caratteristiche personologiche “tipiche” delle donne che amano troppo:

  • sono molto responsabili;

  • sono impegnate con grande serietà e successo;

  • hanno scarsa stima di sé;

  • hanno poco riguardo per la propria integrità personale;

  • riversano tutte le proprie energie in tentativi disperati di influenzare e controllare gli altri, per cambiarli e farli diventare come loro desidererebbero;

  • hanno un profondo timore dell’abbandono;

  • pensano che sia meglio stare con qualcuno che non soddisfi del tutto i loro bisogni ma che non le abbandoni, piuttosto che con un partner più affettuoso e attraente che potrebbe anche lasciarle per un’ altra”.

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L’origine di tale condizione è da rintracciarsi, oltre che generalmente nella cultura dominante, particolarmente nell’infanzia, spesso nella relazione disfunzionale con le figure genitoriali. Le precoci esperienze infantili, infatti, hanno un’influenza fondamentale nel modo in cui da adulti ci relazioniamo con gli altri. Le situazioni dolorose e difficili, le carenze affettive, l’assenza di figure importanti o la mancanza di limiti sono solo alcuni dei fattori che segnano il nostro modo di cercare e di dare affetto. Le donne (e gli uomini) con una simile storia tendono così ad andare alla ricerca di un attaccamento sicuro e di protezione, anche se questo significa dover stare con un uomo (o con una donna) che fa soffrire. I comportamenti che impariamo quando siamo piccoli rimangono fissi dentro di noi, e continuiamo a metterli in atto per tutta la vita. Per questo motivo, abbandonarli o cambiarli è una grande sfida, e ci sembra difficile e pericolosa. Ma ancora più difficile è prenderne coscienza e affrontare la situazione per quella che è, essere in grado di vedere con chiarezza tutto ciò che sta succedendo. 

Amare troppo” significa essere dipendenti da una relazione, in modo malsano. E’ una vera e propria forma di dipendenza che assomiglia a quella per il cibo, per la droga o per l’alcol e come in tutte le dipendenze, è necessario capirne e ammetterne la gravità prima di uscirne. Una volta che ci si rende conto di avere un problema, è importante cercare un aiuto competente, perché la strada è impervia e difficile, e pensare di potercela fare da soli è un’illusione. Come scrive la Norwood “non praticare la propria dipendenza richiede uno sforzo maggiore del semplice ripetere a se stesse di cambiare.

L’itinerario verso la consapevolezza e l’equilibrio

E’ necessario imparare il percorso dell’amare se stesse, perché è quando finalmente emerge una sana autostima che è possibile imparare a fare scelte più sagge sul piano affettivo. Quando non si è più disperate e bisognose, quando non si è più disposte a sacrificare se stesse in modo patologico per un uomo, e quando non si sente più la stringente esigenza di controllare gli altri, per modificarne il comportamento o i sentimenti, ecco che l’amore vero e sano può finalmente arrivare.

Amore è tutto ciò che aumenta, allarga, arricchisce la nostra vita, verso tutte le altezze e tutte le profondità. L’amore non è un problema, come non lo è un veicolo; problematici sono soltanto il conducente, i viaggiatori e la strada.
– F. Kafka –

Dott.ssa Silvia Darecchio – Contatti 

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