Burnout: sindrome da stress lavoro-correlata riconosciuta dall’OMS

LA NOTIZIA: BURNOUT E OMS

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E’ notizia di quest’ultima settimana che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, dopo decenni di studi, ha riconosciuto il burnout come una sindrome diagnosticabile, caratterizzata da una costellazione di sintomi e segni variabili, non riconducibili ad una causa comune. Inizialmente l’agenzia speciale delle Nazioni Unite aveva lasciato intendere che si trattasse di una malattia (con sintomi ripetitivi ed una causa certa) dopo averla inserita erroneamente per la prima volta nel relativo elenco. Poi, con più dati a disposizione, ha specificato che resta un fenomeno occupazionale (stress da lavoro) per il quale è possibile, oltre ad una diagnosi, una cura. 

MA COSA E’ IL BURNOUT?

Il termine inglese burnout (in italiano “scoppiato”, “crollato”, “spento”, “esaurito”) viene utilizzato per descrivere una sindrome caratterizzata da progressiva perdita di ideali, energia, propositi e scopi che si determina sui luoghi di lavoro.

Il primo ad occuparsi di burnout è stato lo psicologo Herbert Freudenberger nel 1974.

IL BURNOUT E’ UNO “STATO DI FRUSTRAZIONE NATO DALLA DEVOZIONE AD UNA CAUSA, AD UNO STILE DI VITA, AD UNA RELAZIONE CHE HA MANCATO DI PRODURRE LA RICOMPENSA ATTESA.”  H.J. FREUDENBERGER

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La sindrome del burnout, inizialmente associata solo alle professioni sanitarie e assistenziali, è oggi riconosciuta come associata a qualsiasi contesto lavorativo con alte condizioni stressanti. Secondo l’Istituto Nazionale della Salute Americano, chiunque può soffrirne, dalla celebrità alla casalinga, passando per le persone in carriera, agli impiegati sovraccaricati di lavoro. Molti studiosi considerano questa sindrome non solo come una condizione di sofferenza individuale legata al lavoro (stress lavorativo), ma anche come un problema di natura sociale provocato da dinamiche sociali, politiche ed economiche; la sindrome può infatti interessare il singolo lavoratore, lo staff nel suo insieme, l’azienda ma anche le istituzioni (per esempio i Vigili del Fuoco, i Militari, le Forze dell’Ordine ecc.).

IL BURNOUT COME SINDROME DA STRESS LAVORO-CORRELATA

Sappiamo che lo stress agisce a livello globale sul funzionamento dell’organismo danneggiando e incidendo negativamente sulla salute.  Nella situazione di burnout, il lavoratore, oltre a sperimentare un forte stress (concausa del disturbo), arriva a rinnegare le motivazioni emotive che lo avevano portato a scegliere quel lavoro. Maslach e Leiter (1997) hanno definito il burnout come una erosione dell’impegno nel lavoro, laddove l’impegno è caratterizzato da fattori quali: l’ energia, il coinvolgimento e l’ efficacia. Impegno e burnout allora, possono essere immaginati come le due estremità opposte di un continuum.

Le dimensioni tipiche del burnout sono:

  • Esaurimento: è la prima reazione ad una condizione di stress estremo. La persona sente di essere “esaurita” quando si accorge di aver oltrepassato il proprio limite emozionale e fisico: si sente incapace di rilassarsi, di recuperare, prosciugata, manca dell’ energia necessaria per affrontare novità e sfide.
  • Cinismo: tale atteggiamento rappresenta il tentativo di proteggere se stessi dall’esaurimento e dalla delusione. La persona assume un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro e delle persone (colleghi, utenti, ecc…), per mettersi “al riparo”. Questo atteggiamento di indifferenza viene adottato per ridurre al minimo il proprio coinvolgimento emotivo nel lavoro e per mettere da parte (fino a rinnegare) i propri ideali e valori. Un atteggiamento così negativo può compromettere seriamente il  benessere di una persona, il suo equilibrio psico-fisico e la sua capacità di lavorare.
  • Inefficienza: è la conseguenza ultima del processo e si realizza quando la persona perde fiducia nelle proprie capacità e in sé stessa. Quando in una persona cresce la sensazione di inadeguatezza, qualsiasi progetto nuovo viene vissuto come opprimente. Il lavoratore ha l’impressione che il mondo trami contro ogni suo tentativo di fare progressi, e quel poco che riesce a realizzare, appare insignificante. Inutile e troppo difficoltoso diventa allora impegnarsi ulteriormente.

SINTOMI

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La sindrome si distingue dallo stress, così come si distingue dalla nevrosi, in quanto disturbo non della personalità ma del ruolo lavorativo. E’ caratterizzata da manifestazioni quali:

  • nervosismo,
  • irrequietezza,
  • apatia,
  • indifferenza,
  • cinismo,
  • ostilità.

Dal punto di vista clinico (psicopatologico) i sintomi del burnout sono molteplici, richiamano i disturbi dello spettro ansioso-depressivo, sottolineano la particolare tendenza alla somatizzazione e allo sviluppo di disturbi comportamentali.  Il soggetto colpito da burnout manifesta:

  • Sintomi aspecifici: insonnia, stanchezza, apatia, nervosismo, irrequietezza, esaurimento ;
  • Sintomi somatici: insorgenza di varie patologie (ulcera, cefalea, disturbi cardiovascolari, difficoltà sessuali ecc.)
  • Sintomi psicologici: irritabilità, aggressività, rabbia, risentimento, estrema difficoltà ad andare al lavoro ogni giorno, indifferenza, depressione, bassa stima di sé, senso di colpa, sensazione di fallimento, negativismo, sospetto e paranoia, rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento, isolamento, sensazione di immobilismo, difficoltà nelle relazioni, cinismo, atteggiamento colpevolizzante e critico nei confronti dei colleghi e degli eventuali utenti.

Inoltre il burnout, molto spesso, porta il soggetto ad abuso di alcool, di psicofarmaci o fumo.

LE CAUSE INDIVIDUALI ED AMBIENTALI 

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Superficialmente si ritiene che il burnout sia esclusivamente un problema dell’individuo: le persone manifesterebbero tale disturbo a causa di “difetti” della loro personalità, dei loro comportamenti o delle loro competenze. In base a questo punto di vista, gli individui rappresentano il problema, e la soluzione sta nel lavorare su di loro o nel sostituirli. Vari studi hanno invece dimostrato come il burnout sia un problema sistemico: delle interazioni multidimensionali tra il lavoratore e il contesto sociale e organizzativo in cui il lavoratore stesso opera. Il lavoro (contesto, contenuto, struttura, ecc) infatti modella il modo in cui le persone interagiscono tra di loro e il modo in cui ricoprono la propria mansione. Quando l’ambiente di lavoro non riconosce l’aspetto umano, il rischio di burnout aumenta.

Alcune delle cause specifiche sono:

  • gratificazioni insufficienti;
  • scarsa remunerazione;
  • assenza di equità;
  • sovraccarico di lavoro;
  • mancanza di controllo;
  • crollo del senso di appartenenza;
  • valori contrastanti.

Fattori che possono determinare la sindrome

  1. Fattori del contesto e della struttura organizzativa

Esistono delle specifiche condizioni, legate all’ambiente di lavoro e all’organizzazione interna della struttura lavorativa, che aumentano il rischio di burnout, intensificando tensioni, stress e demotivazione. Tra queste troviamo:

  • il conflitto di ruolo:  si ha quando il lavoratore ritiene che le richieste che gli vengono rivolte siano incompatibili con il proprio ruolo professionale;
  • l’ ambiguità circa il proprio ruolo: si ha quando il lavoratore ha ricevuto/riceve insufficienti informazioni rispetto alla propria posizione/mansione;
  • la struttura di potere: riguarda il modo in cui vengono prese le decisioni nell’ambito lavorativo e la possibilità che ha l’individuo di parteciparvi;
  • il sovraccarico:  si ha quando all’individuo viene assegnato un eccessivo carico di lavoro/responsabilità, che non gli permette di svolgere serenamente e con soddisfazione la propria mansione;
  • la mancanza di stimolazione: si riferisce alla monotonia dell’attività lavorativa;
  • la turnazione lavorativa: la turnazione e l’orario lavorativo possono favorire l’insorgenza della sindrome; questo avviene più frequentemente nel personale che lavora secondo turni che non permettono di recuperare le energie necessarie;
  • retribuzione inadeguata.
  • 2. Fattori individuali 

Esistono dei tratti di personalità che rendono alcune persone più vulnerabili allo stress lavoro-correlato e quindi al burnout. Queste caratteristiche individuali interagendo con situazioni lavorative poco sensibili al “fattore umano”, possono portare con maggior frequenza al manifestarsi della sindrome. Tra queste abbiamo:

  • l’ introversione;
  • l’autoritarismo;
  • la tendenza a porsi obiettivi irrealistici;
  • uno stile di vita iperattivo;
  • l’abnegazione al lavoro (che arriva a sostituire la vita sociale);
  • il pensarsi indispensabili;
  • le motivazione e le aspettative professionali.

Esiste poi un tratto di personalità che è correlato alla sindrome, e cioè il tipo A: competitivo, ambizioso, aggressivo, puntuale, frettoloso, esigente con se stesso e con gli altri.

3. Fattori socio-demografici

  • differenza di genere: le donne sono più predisposte degli uomini;
  • età: nei primi anni di carriera si è più predisposti allo sviluppo della sindrome;
  • stato civile: le persone senza un compagno stabile sono più predisposte.

Per evitare che tale sindrome deteriori sia la vita lavorativa, sia la vita privata, bisogna intervenire velocemente e con efficacia.


Come psicologa, oltre al servizio di consulenza online, ricevo in studio a San Polo di Torrile (Parma). Da oltre 10 anni ascolto ed aiuto le persone, concretamente, ad uscire dalle situazioni difficili, a fronteggiare le sfide esistenziali e a riprogettare il futuro.

In condizioni di stallo motivazionale e sofferenza psicologica posso aiutarti a superare le tue difficoltà, accompagnandoti verso una consapevolezza rinnovata di te, dei tuoi bisogni, delle tue priorità e del tuo modo di “funzionare”. Posso aiutarti a ritrovare la serenità e  il benessere.

Dott.ssa Silvia Darecchio (contatti)


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PADRI E FIGLIE: papà ricordatevi che…

I “MUST BE” DELLA RELAZIONE PADRE – FIGLIA

dad-2010511__340-e1521464205883.pngSe essere padre è difficile, essere un buon padre lo è molto di più. Potrebbe essere utile allora ricordare cosa non dovrebbe mai mancare nella relazione padre-figlia, per fare di questa relazione un luogo in cui una figlia possa sentirsi sempre accolta.

  • AMORE E AFFETTO: quello che conta è amarla. Le cose che una figlia desidera di più,  infatti, sono l’amore e l’affetto dei propri genitori, molto più degli oggetti che voi padri potete comprarle o degli insegnamenti che potete darle. Vostra figlia vi deluderà diverse volte e commetterà tanti errori, tuttavia non lasciate mai che dubiti del vostro amore: ditele spesso che le volete bene.

  • BUONI ESEMPI: più delle parole contano i fatti. Vostra figlia osserva come trattate sua madre. Se dovete salvare un solo punto di tutta questa lista, fate che sia questo. Una delle cose migliori che potete fare per vostra figlia è amare e rispettare sua madre. Il rispetto verso la madre deve essere una priorità.  Amate la vostra compagna, prendetevi il tempo per uscire insieme, viaggiare e dimostrate a vostra figlia che è una vostra priorità, anche rispetto a lei.

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  • UN MODELLO MASCHILE POSITIVO: poiché ne influenzerete la futura scelta del partner, cercate di essere per vostra figlia un buon modello di riferimento maschile, un giorno sposerà qualcuno che vi assomiglia.

  • PROFONDITA’ VS SUPERFICIALITA’: insegnatele che quello che ha dentro è più importante del suo aspetto esteriore. Crescere delle ragazze oggi, mentre la cultura dominante è totalmente centrata su sensualità e apparenza, non è facile. Per questo dovete impegnarvi a insegnare loro che essere belle non vuol dire rispettare i canoni imposti dai media, ma avere forza d’animo, amore di sé, disponibilità verso gli altri. È quello che hanno dentro che farà fare strada alle vostre figlie, non il loro aspetto.

  • PARTECIPAZIONE: cercate di essere presenti nei suoi momenti importanti. Anche se siete impegnati cercate di esserci il più possibile. E quando potete essere presenti siateci davvero, non basta la vicinanza: quando siete con lei spegnete lo smartphone e lasciate andare le preoccupazioni. In un’epoca come la nostra è fin troppo facile esserci fisicamente, ma non con la testa. Quello che conta davvero è giocare, parlare, condividere attività che vi permettano di essere il più possibile con lei.

  • MEMORIA EMOTIVA: create momenti memorabili. Fate un viaggio importante per festeggiare vostra figlia che compie gli anni, che riesce in una grande impresa (per lei) o semplicemente per stare con lei. Celebrate dei piccoli riti: il venerdì sera cinema e pizza, le colazioni della domenica mattina, la camminata del sabato… Non necessariamente qualcosa di costoso o impegnativo, ma con un senso. Riempite il diario emotivo di vostra figlia di bei ricordi in vostra compagnia. 

  • INTERESSE: ascoltate la stessa musica, ma più in generale abbiate voglia di conoscere ciò che vostra figlia ama e lasciatevi entusiasmare dalle sue passioni. 

  • CONSAPEVOLEZZA: dimostratele che gli uomini sono gentili e che non temono emozioni e sentimenti. Fatele vedere che siete consapevoli di voi stessi e che non credete negli stereotipi di genere. Uscite con vostra figlia, potrete mostrarle come un uomo deve trattare una donna.

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  • VISIONE ALLARGATA VS EGOISMO: insegnatele a non essere al centro del mondo, a decentrarsi, a guardarsi attorno in cerca di un orizzonte più esteso. Insegnate a vostra figlia che la vita migliore è quella in cui umilmente ci doniamo agli altri. 

  • FORZA: insegnate a vostra figlia ad essere forte. Educatela ad essere resiliente e “tosta”, sia fisicamente, impegnandosi ad esempio nello sport, sia mentalmente, crescendola autonoma, capace di fare da sola e con una salda autostima.

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  • PRESENZA: non scomparite quando vostra figlia diventa adolescente. Alcuni papà vivono un disagio talmente grande da eclissarsi quando la figlia da bambina diventa una ragazza. Ma poi rimpiangono di aver perso una fase così importante come quella dell’adolescenza. Mestruazioni, fidanzati, ascelle da depilare, Snapchat, qualunque cosa sia… Non scomparite quando i suoi sentimenti e il suo corpo iniziano a cambiare, è un momento come un altro e non implica che lei abbia meno bisogno di voi.

  • MATURITA’: imparate a chiederle scusa. E’ del tutto umano sbagliare e anche un papà armato delle migliori intenzioni può farlo. Un padre maturo, tuttavia, è quello che sa che non è possibile avere tutto sotto controllo e che sa riconoscere e ammettere le proprie defaillances. Se avete commesso un errore con vostra figlia, chiedetele sinceramente perdono. E lei vi perdonerà.

  • IMPEGNO: il vostro ruolo è preziosissimo. Cercate di amare vostra figlia al meglio, spingendovi oltre i vostri limiti. 

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Da oltre 10 anni ascolto ed aiuto le persone, concretamente, ad uscire dalle situazioni difficili, a fronteggiare le sfide esistenziali e a riprogettare il futuro. In condizioni di incertezza posso aiutarti a superare le tue difficoltà, accompagnandoti verso una consapevolezza rinnovata delle relazioni che vivi, dei bisogni tuoi e degli altri, e del modo che hai di gestire i rapporti interpersonali. Posso aiutarti a ritrovare la serenità e il benessere tuoi, e della tua famiglia. Oltre al servizio di CONSULENZA ON-LINE E VIDEO-CONSULENZA ON-LINE ricevo nel mio studio in provincia di Parma per COLLOQUI IN PRESENZA

Dott.ssa Silvia Darecchio  – Psicologa – San Polo di Torrile (Pr)  contatti