
Le canzoni del “troppo amore“
Ci sono brani di musica leggera – continuamente riproposti – che, come dei veri e propri monumenti, appartengono al patrimonio socio culturale ed identitario del nostro paese: “Minuetto”, “La bambola”, “Tanta voglia di lei”, “Eppur mi son scordato di te”, ne sono solo alcuni esempi. Chi non ha mai cantato o sentito cantare, magari a squarciagola, una di queste canzoni in auto, in spiaggia, sotto la doccia? Chi non conosce il testo di almeno una di queste famigerate canzoni, definite dai più, come “nazional-popolari”? Lascio a voi la risposta.
La sensibilità di oggi, tuttavia, ci permette fortunatamente una riflessione: “Ne abbiamo mai analizzato attentamente i contenuti?” Tra queste canzoni a ben vedere anzi, a “ben ascoltare”, ce ne sono alcune che sono dei veri e propri manifesti “dell’amore mai avuto”, dell’amore malato, del “troppo amore”. E allora, un’altra domanda è d’obbligo: “il fatto di essere state accettate acriticamente, di essere state promosse dai media o il fatto, semplicemente, di esistere ha forse favorito nel corso del tempo la legittimazione di certi comportamenti, se non abusanti, poco rispettosi della dignità del/della partner?”
Queste canzoni, in vari modi, sembrano proporre un modello d’amore patologico e disfunzionale che ancora oggi molti, in base a ciò che accade spesso tragicamente e spesso alle donne, considerano l’unico tipo di amore possibile e cioè l’amore “oscuro” che fa disperare, soffrire e, in alcuni casi, anche morire. Vale la pena pensarci.
Analizziamo alcuni testi:
“MINUETTO” di I. Fossati, cantata da Mia Martini
“E’ un’incognita ogni sera mia… Un’ attesa, pari a un’agonia. Troppe volte vorrei dirti: no, e poi ti vedo e tanta forza non ce l’ho. E vieni a casa mia, quando vuoi, […] sono sempre fatti tuoi. Tanto sai che quassù male che ti vada avrai tutta me, se ti andrà per una notte… E cresce sempre più la solitudine […] Rinnegare una passione no, ma non posso dirti sempre si e sentirmi piccola cosi […] Continuo ad aspettarti nelle sere per elemosinare amore… […] E la vita sta passando su noi, di orizzonti non ne vedo mai! […] Io non so l’amore vero che sorriso ha... […].”
Che dire? Questa canzone è sicuramente uno dei manifesti più significativi dell’amore “troppo”: il brano parla di una donna che, nei fatti, si annulla per un uomo che a sua volta la tratta come un oggetto, non la rispetta e la usa “a intermittenza”. Lei pare esserne in qualche modo consapevole “Io non so l’amore vero che sorriso ha...” ma non riesce a spezzare questo legame disfunzionale di dipendenza: anni di femminismo… buttati alle ortiche ?!!?
“GRANDE GRANDE GRANDE” di A. Testa, cantata da Mina
“Con te dovrò combattere non ti si può pigliare come sei… i tuoi difetti son talmente tanti che nemmeno tu li sai… sei peggio di un bambino capriccioso la vuoi sempre vinta tu… sei l’uomo più egoista e prepotente che abbia conosciuto mai. In un attimo tu sei grande e le mie pene non me le ricordo più. Io vedo tutte quante le mie amiche son tranquille più di me non devono discutere ogni cosa come tu fai fare a me… ricevono regali e rose rosse per il loro compleanno dicon sempre di sì non han mai problemi e son convinte che la vita e’ tutta lì… invece no, invece no la vita e’ quella che tu dai a me… in guerra tutti i giorni sono viva sono come piace a te… ti odio e poi ti amo e poi ti amo e poi ti odio e poi ti amo… non lasciarmi mai più.”
Vediamo questo testo: qui abbiamo una donna che urla al mondo il suo “aver capito tutto dell’amore”. Ci consiglia, per essere felici, di vivere una relazione problematica con un uomo immaturo-egoista-e-prepotente, che ci faccia penare, discutere, che ci tratti con strafottenza, che non ci faccia regali, e che magari nemmeno si ricordi la data del nostro compleanno… Tuttavia, la canzone ci dice anche che: vale la pena vivere una storia d’amore così se poi, quell’uomo, ogni tanto ci butta una briciola di sè, come contentino… Prendiamo appunti per fare esattamente il contrario!
“ALMENO TU NELL’UNIVERSO” di B. Lauzi e M. Fabrizio, cantata da Mia Martini
“Tu, tu che sei diverso, almeno tu nell’universo… Un punto sei, che non ruota mai intorno a me un sole che splende per me soltanto come un diamante in mezzo al cuore.”
In questa canzone il riferimento, sicuramente più insidioso, all’amore poco sano sta in questa frase: “Un punto sei, che non ruota mai intorno a me, un sole che splende per me”. Che c’è di male, potremmo pensare? Questo: se l’altro è punto fermo che non ruota attorno a noi, significa che siamo noi a ruotare attorno a lui? La risposta è: anche no, grazie! Ognuno stia al posto suo e magari… troviamoci a metà strada!
“LA BAMBOLA” di R. Cini, F. Migliacci, B. Zambrini, cantata da Patty Pravo
“Tu mi fai girar come fossi una bambola… Poi mi butti giù come fossi una bambola… Non ti accorgi quando piango quando sono triste e stanca tu pensi solo per te… Del mio amore non ridere… Sai far male da piangere… Tu non mi metterai tra le dieci bambole che non ti piacciono più…”
Beh… cosa vogliamo aggiungere?
“VEDRAI VEDRAI” di Luigi Tenco
“Quando la sera me ne torno a casa… Non ho neanche voglia di parlare… Tu non guardarmi con quella tenerezza Come fossi un bambino che ritorna deluso… Vedrai che cambierà. Preferirei sapere che piangi… Che mi rimproveri di averti delusa… E non vederti sempre così dolce Accettare da me tutto quello che viene… Mi fa disperare il pensiero di te E di me che non so darti di più…”
Questo testo è interessante, perché il punto di vista riportato, per una volta, è quello dell’uomo. Ma la sostanza non cambia: una donna, con un’ autostima molto bassa, sta amando “troppo” un uomo che, anche se consapevole di certe dinamiche, non è emotivamente disponibile. E’ una relazione squilibrata, dove la donna si comporta più da madre che da partner alla pari.
“BLUNOTTE” di Carmen consoli
“Forse non riuscirò a darti il meglio… più volte hai trovato i miei sforzi inutili… Più volte hai trovato i miei gesti ridicoli… Come se non bastasse l’aver rinunciato a me stessa… Come se non bastasse tutta la forza del mio amore… E non ho fatto altro che sentirmi sbagliata… ed ho cambiato tutto di me perché non ero abbastanza.. Ed ho capito soltanto adesso che avevi paura…”
La cantautrice Consoli, come vedremo, pare possedere una ricca collezione di “malamori” o amori “troppo” amati. Rinunciare a sé, cambiare, sentirsi sbagliate… se un amore ci richiede questo, non è amore.
“PER ELISA” di Alice e F. Battiato, cantata da Alice
“Vivere non è più vivere, lei ti ha plagiato, ti ha preso anche la dignità…. fingere non sai più fingere… senza di lei ti manca l’aria. Senza Elisa, non esci neanche a prendere il giornale con me riesci solo a dire due parole ma noi, un tempo ci amavamo…”
Questa canzone sottende un contenuto terrificante: qui una donna si lamenta con il partner, lo rimprovera di preferire “Elisa”, a lei… Elisa che non è una donna, bensì una droga: l’eroina. Questa donna quindi vive la sostanza o meglio, la dipendenza da essa, come una rivale… Capiamo che rimpiange i bei tempi andati quando lui, molto probabilmente, manifestava una dipendenza da lei e non da Elisa: l’eroina, appunto. La dipendenza non deve essere confusa con l’ amore. Rimanere in una relazione “amorosa” con una persona tossicodipendente può invece essere la spia di una scarsa stima di sè.
“STORIA D’AMORE” di A. Celentano, L. Beretta e M. Del Prete, cantata da Adriano Celentano
“Lei mi amava, mi odiava era contro di me, io non ero ancora il suo ragazzo e già soffriva per me… se non ero stato il suo ragazzo era colpa di lei… E uno schiaffo all’improvviso le mollai sul suo bel viso rimandandola da te. “
“io non ero ancora il suo ragazzo e già soffriva per me”, quest’uomo, in una sola frase, delinea una cornice di senso: ci suggerisce quanto sia “normale” che un uomo faccia soffrire una donna e che la donna stia lì a subire. Ma non pago aggiunge: “E uno schiaffo all’improvviso le mollai sul suo bel viso rimandandola da te.” Lette con la sensibilità di oggi queste parole fanno inorridire: quest’ uomo racconta al “rivale”, di aver schiaffeggiato con fierezza la partner e di averlo fatto perché era quello che lei meritava… Mai come in questi giorni vale la pena sottolineare che “nessuno picchia nessuno”, che una donna non è un pacco da “rimandare” al mittente e che una narrazione di questo tipo – con un uomo che vede l’esercizio della violenza come “una risposta possibile” e con una donna che si fa calpestare per “amore” – sia da rigettare fortemente.
“AMORE DI PLASTICA” di Carmen Consoli
“tu che mi offrivi un amore di plastica… Ricorda tu sei quello che non c’è quando io piango… tu sei quello che non sa quando è il mio compleanno… quando vago nel buio… volevo essere più forte di ogni tua perplessità ma io non posso accontentarmi se tutto quello che sai darmi è un amore di plastica…”
Ecco di nuovo, in questa carrellata di titoli, l’amica Carmen Consoli. Ci auguriamo per lei che il signore di questa canzone sia lo stesso di “Blunotte”, l’altra canzone. La situazione e le dinamiche sottese infatti paiono essere le stesse.
“L’ ABITUDINE DI TORNARE” di Carmen Consoli
“Tornare è un’abitudine per quelli come te, sommersi e annoiati dai ritmi di sempre… Confesserai mai a tua moglie che sabato dormi con me da circa dieci anni tra alti e bassi… Ma io non posso chiedere, io non devo chiedere sarai tu a rispondere se vorrai… Ma io non posso piangere, io non devo piangere sarai tu a decidere se vorrai… Tornare è un’abitudine per quelli come te fedeli ancorati, all’ovile di sempre… Come dirai a tua moglie che hai un figlio identico a me, ha grandi occhi neri, ha compiuto tre anni, è piccolo e non può chiedere, lui non deve chiedere, sarai tu a rispondere se vorrai… Ma lui non deve piangere, è vergogna piangere… Sarai tu a rispondere se saprai…”
Come dicevamo, la talentuosissima cantautrice Consoli ha, nel suo repertorio, brani capaci di insegnamenti notevoli, in ambito “relazional-amoroso”: accettare una relazione a metà, essere l’amante, aspettare le briciole senza poter chiedere di più, quanto sono rivelatori del “troppo amore” per l’altro e dello scarso amore di sé?
“SEI TUTTI I MIEI SBAGLI” di Subsonica
“Tu sai difendermi e farmi male, ammazzarmi e ricominciare… a prendermi vivo… sei tutti i miei sbagli…. A caduta libera e in cerca di uno schianto…. ma fin tanto che sei qui posso dirmi vivo. Tu affogando per respirare imparando anche a sanguinare.”
Si ok, si capisce poco… Ma tutto questo, qualsiasi cosa sia, è troppo. Nessuno deve poterci “accendere o spegnere” a piacimento, e noi non dovremmo funzionare come degli interruttori.
“CENERE” di Marlene Kuntz
“Ciao Divina, io sono il mozzo…Guarda che ballo, mi trovi bello? Che te ne pare di come striscio? … Io sarò fuoco se scaglierai quel dardo contro di me. Io sarò cenere su cenere…”
Questo testo, piuttosto oscuro in realtà, ci fa immaginare una situazione in cui un uomo si renda ridicolo, si umilii, si annulli, pur di ottenere l’amore di lei… per cui è pronto anche a morire… Troppo?
“LASCIARSI UN GIORNO A ROMA” di Niccolò Fabi
“Non ho visto nessuno andare incontro a un calcio in faccia con la tua calma, indifferenza sembra quasi che ti piaccia… camminare nella pioggia ti fa sentire più importante perché stare male è più nobile per te… ricordati che c’è differenza tra l’amore e il pianto... cerca un modo per difenderti una ragione per pensare a te… qual è il grado di dolore che riesci a sopportare prima di fermare l’esecuzione e chiedere soccorso a me che non ti do un motivo ancora per restare nella storia di una storia che non c’è…”
Questa canzone usa parole durissime per raccontarci la fine, a senso unico, di una relazione. Lui grida in faccia a lei di smetterla di umiliarsi, di riprendersi la sua vita, di trovare il coraggio di pensare a sé stessa… lui non riesce a capire come lei possa accettare di vivere ancora di “una relazione che non c’è” connotata solo da dolore e sofferenza: “ricordati che c’è differenza tra l’amore e il pianto”… Ricordiamoci anche che il modo, in cui finisce una relazione, è rivelatore dell’essenza “poco sana” della relazione stessa…
“LA BALLATA DELL’AMORE CIECO” di Fabrizio De Andrè
“Un uomo onesto, un uomo probo, s’innamorò perdutamente d’una che non lo amava niente. Gli disse portami domani il cuore di tua madre per i miei cani. Lui dalla madre andò e l’uccise, dal petto il cuore le strappò e dal suo amore ritornò… Non le bastava quell’orrore, voleva un’altra prova del suo cieco amore. Gli disse amor se mi vuoi bene, tagliati dei polsi le quattro vene. Le vene ai polsi lui si tagliò, e come il sangue ne sgorgò, correndo come un pazzo da lei tornò. Gli disse lei ridendo forte, l’ultima tua prova sarà la morte. E mentre il sangue lento usciva, e ormai cambiava il suo colore, la vanità fredda gioiva, un uomo s’era ucciso per il suo amore. Fuori soffiava dolce il vento ma lei fu presa da sgomento, quando lo vide morir contento. Morir contento e innamorato, quando a lei niente era restato, non il suo amore, non il suo bene, ma solo il sangue secco delle sue vene.”
Si deve aggiungere qualcosa? Chi è più disperato tra i due? Chi chiede di morire per amore o chi muore come prova d’amore? Non serve morire per l’altro, ma vivere per stare bene insieme. Inoltre, “l’amore è cieco”… solo per chi non lo conosce veramente.
“TANTA VOGLIA DI LEI” di Pooh
“Mi dispiace di svegliarti, forse un uomo non sarò ma d’un tratto so che devo lasciarti, fra un minuto me ne andrò. Mi dispiace devo andare il mio posto è là, il mio amore si potrebbe svegliare chi la scalderà.”
Qui abbiamo un uomo che tradisce la fiducia di due donne… però ne è dispiaciuto. Accettare o non accettare un tradimento? Accettare o non accettare di giocare il ruolo dell’amante? Se fosse stata cantata da una donna, una donna che tradiva e che voleva correre a casa a scaldare il partner ignaro che dormiva, che effetto avrebbe fatto presso l’opinione pubblica del tempo?
“EPPUR MI SON SCORDATO DI TE” di Mogol e L. Battisti
“Eppur mi son scordato di te come ho fatto non so. Una ragione vera non c’è lei era bella però. Un tuffo dove l’acqua è più blu niente di più. Ma che disperazione nasce da una distrazione era un gioco non era un fuoco. Non piangere salame: dei capelli verde rame è solo un gioco e non un fuoco… lo sai che t’amo… io ti amo veramente.”
Anche in questo testo si parla di tradimento, ma, mentre nella canzone precedente la partner dormiva e non sapeva, qui l’uomo – scoperto o progressista – cerca di spiegare il perché del tradimento. E non trovando niente di meglio da dire, dice: “Un tuffo dove l’acqua è più blu… niente di più.” Come si dice: quando la toppa è peggiore del buco! Per non uscire di metafora: il globo terracqueo è composto prevalentemente da acqua… che si fa? Si prova tutta? Amare un/una partner immaturo/a, a volte richiede “troppo amore“. Nessun commento invece per i “capelli verde rame”.
“SE SAPESSI COME FAI” di Luigi Tenco
“Vorrei che per me un giorno solo le parti si potessero invertire… quel giorno ti farei soffrire come adesso soffro io… Se sapessi come fai a fregartene così di me… a sapere così bene sino a che punto ho bisogno di te… A saperlo così Bene ancor meglio di me.”
Un altro manifesto dell’amore che fa soffrire? Eccolo. Qui è un uomo a disperarsi, ma la dinamica è la stessa: uno dei due partner “ama troppo”, ama anche per l’altro.
“UN’ EMOZIONE DA POCO” di I. Fossati, cantata da Anna Oxa
“dimmi che senso ha dare amore a un uomo senza pietà uno che non si è mai sentito finito che non ha mai perduto… per me, più che normale che un’emozione da poco mi faccia stare male, una parola detta piano basta già… ed io non vedo più la realtà non vedo più a che punto sta la netta differenza fra il più cieco amore e la più stupida pazienza no, io non vedo più la realtà nè quanta tenerezza ti da la mia incoerenza pensare che vivresti benissimo anche senza.”
“non vedo più a che punto sta la netta differenza fra il più cieco amore e la più stupida pazienza”… Un’ altra donna che si accontenta di pochissimo, di una parola detta piano…
AMANDOTI di CCCP
“Amarti m’affatica mi svuota dentro qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto… Amarti m’affatica mi dà malinconia che vuoi farci è la vita la mia.”
L’amore che affatica… Tutto sommato questa immagine, rispetto alle altre, non è poi tanto male. L’ amore infatti, lo abbiamo detto, non è sinonimo di sofferenza, quanto piuttosto il compagno ideale di fatica, impegno, responsabilità e lavoro. Una coppia intelligente, poi, sa come dividere tutto questo in modo che i punti di forza di ciascuno risplendano. Ci auguriamo che nella situazione raccontata, la fatica sia doppia e non a senso unico… anche se “il sentirsi vuoti” e “il ridere per disperazione” non sono certo “sintomi” d’amore.
E’ stato poco più di uno scherzo, tuttavia ci ha aiutato a riflettere sul significato del verbo “AMARE”. Considerando infatti che tutte queste sono ritenute canzoni “d’ amore”, credo valga la pena ricordare come dovrebbe essere una relazione d’amore “sana”. L’amore è un fatto di qualità più che di quantità. Amare molto non significa amare bene. Amare bene comporta rispetto, fiducia, onestà, sostegno reciproco, significa vivere una relazione di equilibrio tra il dare e il ricevere, significa mantenere identità separate e avere una buona comunicazione. Con questi presupposti, cerchiamo di fare del nostro meglio per rendere le nostre relazioni, delle vere relazioni d’amore.

Dott.ssa Silvia Darecchio – Psicologa – San Polo di Torrile (Pr) contatti
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